HAITI: IL RACCONTO DRAMMATICO DELLA CATASTROFE
Torino, 14 febbraio 2022
Gentili benefattori dell’Associazione Progetto Agata Smeralda ODV,
prima di tutto grazie per il vostro contributo così generoso che ci ha permesso l’acquisto di derrate alimentari, di pannolini per bambini che ci hanno consentito di aiutare tante famiglie povere e abbandonate che dopo il terribile terremoto del 14 agosto 2021, hanno nuovamente perso casa, coltivazioni e lavoro e si trovano in enormi difficoltà anche a causa della grave situazione sociale di cui è vittima tutta la popolazione. Dopo le prime scosse, i Religiosi Camilliani presenti in Haiti, non avendo subìto danni fisici e alle strutture, si sono immediatamente attivati per portare soccorsi ai tanti feriti e alle persone che hanno visto, ancora una volta, crollare la loro casa e con essa le loro speranze.
Pochi giorni dopo il sisma, un primo gruppo di soccorsi, con ambulanze, medici e infermieri, è partito per soccorrere i feriti e i traumatizzati, seguito subito dopo da camion con alimenti a lunga conservazione, prodotti per l’igiene personale e farmaci. Nell’ospedale Foyer Saint Camille della capitale Port-au-Prince le sale operatorie hanno lavorato senza interruzione per interventi chirurgici ai feriti, si è provveduto alla distribuzione di farmaci e, dove necessario, anche di sostegno psicologico. Nella cittadina di Jérémie, Padre Massimo Miraglio si è adoperato e continua a farlo per aiutare più gente possibile grazie all’organizzazione delle “Cliniche mobili” che, faticosamente, raggiungono i villaggi montani percorrendo strade rese impraticabili da interruzioni e frane.
Tutte le derrate alimentari che abbiamo acquistato con il Vostro contributo sono state consegnate a Padre Erwan a Port au Prince e a Padre Massimo Miraglio a Jérémie che le hanno suddivise e distribuite alle famiglie; i pannolini sono stati consegnati alle famiglie con bambini e in parte consegnati al Foyer Bethléem di Port au Prince che ospita più di 100 bambini disabili gravi, di età compresa tra uno e 18 anni, abbandonati dalle loro famiglie di origine proprio perché non in grado di prendersene cura. Pochi giorni dopo il terremoto, Padre Massimo ci ha scritto un breve messaggio da Jérémie che desideriamo condividere con Voi.
“Se la città di Jérémie è stata toccata marginalmente dal sisma del 14 di agosto altrettanto non si può dire dell’entroterra, delle montagne e delle colline che modellano il paesaggio della regione della Grand’Anse. Jérémie, lontana dall’epicentro del sisma e dalla faglia sotterranea che separa in due la regione della Grand’Anse, ha subìto danni materiali nella parte bassa, coloniale, dove alcuni depositi all’ingrosso sono sprofondati anche a causa delle incurie dei ricchi commercianti che occupano abusivamente questo spazi pagando affitti irrisori al Comune.
I morti e la maggior parte dei feriti coinvolti nel crollo di questi edifici, sono rappresentati dagli ambulanti che stendono la loro misera mercanzia all’ombra dei depositi e alcuni passanti che si sono trovati coinvolti nel crollo degli edifici. La situazione, nella gran parte del territorio della Grand’Anse si presenta purtroppo ben diversa! Con cuore duro e occhio cinico si potrebbe commentare che le casette crollate nell’entroterra montagnoso erano, in fin dei conti, costruite male, senza fondamenta, senza struttura, paragonabili a bicocche… e forse è vero, tuttavia erano tutto ciò che questa povera gente possedeva. L’unico rifugio per la famiglia nelle giornate di pioggia, nelle notti fredde, era la loro CASA, un rifugio spesso costruito giorno dopo giorno, con grandi sacrifici e duro lavoro manuale, raccogliendo per anni i miseri risparmi (come risparmiare quando non si ha il minimo indispensabile per vivere?). E poi in pochi secondi il bene più importante crolla, seminando morte, dolore, paura e tanta sofferenza. I testimoni che ho incontrato raccontano di bimbi, soprattutto molto piccoli, morti nel crollo delle loro abitazioni; non sono potuti scappare, in molti casi erano stesi a terra su un cumulo di vecchi vestiti e sono rimasti schiacciati dai detriti dei muri in pietra che il terremoto ha fatto crollare.
Joanne mi racconta del suo bimbo di due anni, convalescente dopo una operazione chirurgica (che anche noi avevamo aiutato a realizzare) che, al momento del sisma, stava tranquillamente dormendo in casa e quando lei è corsa per prenderlo era ormai troppo tardi; il muro perimetrale di pietre, aveva sotterrato il piccolo. All’ora del sisma (ore 8:20 del mattino) la maggior parte degli adulti si trovava al lavoro nei campi, in località anche lontane dalle abitazioni, sulle montagne, in zone scoscese e impervie, su terreni difficili da coltivare e dove con fatica si piantano fagioli, mais, manioca, patate dolci, banane. Tanti sono stati sorpresi da valanghe di terra e sono stati travolti, altri sono stati inghiottiti dalla terra che si è aperta sotto i loro piedi, altri ancora sono morti o hanno riportato ferite gravi, colpiti da enormi massi che si sono staccati nella parte alta delle montagne e che, rotolando a valle hanno travolto persone, natura ed abitazioni.
Uno scenario apocalittico descritto da coloro che, avventurandosi sulle strade autonomamente o aiutati dalle organizzazioni internazionali arrivate sul posto dopo la catastrofe, sono riusciti a raggiungere l’ospedale di Jérémie. Sono arrivati in ospedale sfiniti, febbricitanti, gravemente feriti, affamati perché hanno camminato diversi giorni; sono arrivati da località che si trovano a ore e ore di marcia da una strada “carrozzabile”, raccontano di intere famiglie distrutte, di persone sepolte sotto valanghe di terra. “Molte delle cime delle montagne che circondano la località dove vivo sono rimaste nude, tutta la terra è scivolata a valle, è rimasto solo il terreno roccioso” mi dice un sopravvissuto “abbiamo perso tutte le nostre colture ed ora cosa raccoglieremo? Cosa mangeremo?
La terra coltivabile è slittata a fondovalle, andando ad ostruire il corso del fiume e coprendo le sorgenti; di che cosa vivremo ora?”.
Un uomo mi racconta di corpi che affiorano senza vita da una valanga di terra che si è abbattuta su un piccolo villaggio sperduto tra le montagne. I danni sono incalcolabili e a tanta povera gente che vive un territorio impervio e lontano da qualsiasi infrastruttura non verrà mai data sepoltura; come nel resto del mondo i danni non arriveranno a numeri importanti, il numero dei morti non si saprà mai con esattezza, tuttavia il sisma del 14 agosto 2021 ha privato, chi è sopravvissuto, del necessario per continuare a vivere.
Sono crollate case, scuole, dispensari, chiese, le vie di comunicazione sono interrotte, tutte strutture che erano già in pessimo stato ma che garantivano il minimo dei servizi essenziali. In una manciata di secondi è crollato tutto ed è ora di ricominciare nuovamente da zero.”
La situazione, trascorsi 6 mesi, purtroppo non è migliorata! Continuano senza sosta i nostri interventi nei confronti di chi, adulto o bambino, ha ancora una volta, perso tutto, di chi necessita di cure farmacologiche e ospedaliere, di chi ha fame, di chi soffre, di chi non ha un tetto e di chi si rivolge quotidianamente alle nostre Missioni.
La nostra gratitudine nei Vostri confronti è grande perché ci avete consentito di aiutare concretamente tanta gente che da sempre è in difficoltà ma che dopo gli eventi naturali avversi dello scorso agosto è tremendamente provata da ulteriori difficoltà e faticosamente cerca nei nostri gesti di conforto la forza per sperare in un domani migliore. Un caro saluto.
Padre Antonio Menegon