LA SITUAZIONE COVID-19 IN TANZANIA

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Un breve testo dalla Tanzania in cui Giovanna Moretti, co fondatrice della ONG Kisedet e nostra responsabile dei progetti e delle adozioni a distanza in quel Paese, spiega la situazione determinata dal Covid-19 e ci esorta, adesso più che mai, a non abbandonarli!

Ad oggi, 14 Aprile, in Tanzania ci sono 46 contagiati tra cui 14 guariti e tre morti

Il governo ha preso delle precauzioni, che però lasciano il tempo che trovano, nel senso che sono state chiuse le scuole ma non i luoghi di culto, sono stati vietati gli assembramenti ma nei daladala (pullmini adibiti a taxi pubblici) la sera le persone sono stipate mentre durante il giorno la polizia cerca di far rispettare le regole e quando i posti a sedere sono tutti occupati, non sale più nessuno; ogni esercizio pubblico ha al suo ingresso il secchio contenente l’acqua con il sapone per lavarsi le mani, Inoltre le auto governative (c’è anche quella di KISEDET) sono state tappezzate con poster informativi e con casse acustiche gigantesche da rompere i timpani, viaggiano per la città e per i villaggi cercando di informare le persone riguardo al comportamento da adottare, al ritmo di una canzone orecchiabile “dedicata” proprio al Covid19!

Alcune persone hanno iniziato con lo “smart working”, e anche noi di KISEDET ci siamo già mossi in questa direzione: buona parte del nostro staff lavora da casa e va in ufficio una o due volte la settimana, alcuni hanno preso le ferie e gli altri invece continuano a lavorare come prima (le mamme presso le case accoglienza, i guardiani e altre figure) e ad andare al Drop in e alla casa accoglienza di Chigongwe perchè non possiamo abbandonare i bambini/ragazzi. Si continua ad andare anche per strada dai bambini e si cerca di convincerli a venire al Drop in, almeno avranno un pasto al giorno e potranno farsi una doccia; d’altronde non possiamo lasciare soli i bambini/ragazzi.

Qui la vita scorre come prima dell’emergenza e non si potrà fare altrimenti; solo una parte della popolazione (forse) resterà a casa, ma la maggior parte della gente continuerà la vita di sempre: d’altra parte come si può immaginare che i tanzaniani rispettino il lockdown quando spesso si vive in una sola stanza con più persone? Come si può immaginare che rispettino il lockdown quando per procurarsi il cibo bisogna uscire? Come possiamo pensare che i tanzaniani possano restare a casa quando le loro entrate dipendono da lavori saltuari e giornalieri che è impossibile svolgere da casa? Come possiamo immaginare che il tanzaniano medio potrà permettersi di stare a casa ed uscire a fare la spesa una volta la settimana? Questo lo potrà fare solo una piccolissima parte della popolazione, ma non la maggior parte, la stragrande maggioranza continuerà ad uscire come se nulla fosse.

Lo “state a casa” potrà funzionare in Occidente ma non in Paesi come l’Africa. Quando si parla di questo virus, i tanzaniani sono sì spaventati ma sono anche fatalisti perchè in questo continente tutti i giorni si ha a che fare con fame, guerre, malattie che in occidente sono state debellate da anni, forse alcune da secoli, e quindi l’Africano è già “vaccinato” a questo tipo di emergenza. Diciamo che l’unica differenza è che ora questa è una pandemia, mentre fino all’altro ieri si trattava di epidemie in terra d’Africa!

Pur comprendendo bene la situazione in Italia, vi chiediamo di non interrompere il sostegno che ci date da anni, perchè mai come ora abbiamo bisogno del vostro aiuto.  Se in Italia, soprattutto al Nord, la sanità è al collasso, qui lo è sempre stata… se in Italia possiamo restare a casa qui non sarà mai possibile, perchè la maggior parte delle persone lavora per strada, se in Italia molta gente è in cassa integrazione e prende l’80% dello stipendio, qui gli è stato detto di restare a casa, punto. A Zanzibar e Arusha un sacco di persone hanno perso il lavoro perchè non ci sono turisti, quindi la situazione non è per nulla buona. Ringraziamo di vero cuore tutti quelli che continueranno a camminare al nostro fianco, perchè questa battaglia è da combattere insieme, uniti più che mai, provando empatia per le persone che nella loro vita hanno sempre dovuto combattere per un pezzo di pane, non solo durante una pandemia.

Giovanna Moretti
Co-fondatrice KISEDET

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